martedì 27 maggio 2014

L'incendio di Tione del 1895

La Famiglia Cristiana, 2 settembre 1895

Tione, 29
(Ancora l'incendio di Tione - Impressioni - La causa del disastro). La notizia della grave sciagura che ha colpito il paese di Tione ha trovato un' eco rumorosa anche lontano al di là delle nostre alpi trentine. I giornali di mezza europa ne hanno parlato, dipingendo a neri colori la gravità del disastro, la quale anche dopo sbollito il primo impressionante spavento e subentrata la calma della rassegnazione, non ha punto mutato le fosche tinte.
Purtroppo la contemplazione oggettiva dei mali recati dall'incendio si presenta più crudelmente dolorosa di quanto si potesse mai sulle prime pensare; trattasi di gruppi intieri di case, specialmente rustiche, che dovranno radersi al suolo, poiché i ruderi più non si prestano per la ricostruzione. Ho incontrato per via poco fa una donna con tre bambini coperti di poveri cenci, quelli stessi che avevano indosso il dì del disastro, quando ruzzavano nel campo accanto alla madre. La donna, interrogata, cogli occhi umidi e rilucenti d'un lampo pieno di dolore, guardommi, ed aprendo le braccia a mostrare i logori panni che la coprivano esclamò: "Ecco quanto mi rimane per campare la vita coi miei figli".
Le versioni riportate dalla stampa sulla causa dell'incendio furono parecchie; non si è esclusa nemmeno quella dell'incendio doloso.
L'incendiario cosciente è il più detestabile malfattore, e sembra gravare come una colpa nera su tutto il paese, che abbia nutrito in sè simile mostro.
In omaggio però alla verità, si è potuto eruire, che il fuoco non fu qui appiccato a bella posta. Ecco quanto sentii narrare dalle persone stesse che sto per introdurre nella presente esposizione: La bambina d'anni sette Teresa Pedrotti, forse mezz'ora prima dell'incendio, giuocava con altri suoi coetanei, quando il fanciullo Stefano di Costante Battocchi d'anni sei le fece la proposta di accendere un piccolo fuoco usando i fiammiferi che egli a tale uopo teneva. La bambina rifiutò dicendogli che i gendarmi lo avrebbero condotto in prigione; poi essa si allontanò. La madre e l'ava della bambina stavano nel frattempo a battere il frumento in un' aia dell'ultima casa rustica a monte del paese. Questa casa è attigua, anzi congiunta, con quella di Giuseppe Balestra, la quale, edificata sulla china del monte, dalla parte ove poggia allo stesso portava il tetto a scandole appena a due metri da terra. Sotto questo tetto rasente il muro, il bambino Stefano Battocchi accese giuocando il fuoco fatale alla presenza d'altro piccino di 4 anni Emilio Antolini, e forse anche del cretino Pietro Antolini d'anni 6, il quale in ogni caso non vi ebbe parte attiva. Lungo quel muro erano schierate alcune di quelle fascine col fogliame, che i nostri contadini chiamano "vincei". Il fuoco s'apprese alle foglie mezzo secche, e ben tosto alle ramaglie che sporgevano due metri sopra del tavolato del sottotetto. Le donne, che attendevano a sbattacchiare frumento non prestarono tutta l'attenzione alle grida del piccino Emilio credendo trattarsi di un fanciullesco litigio. Solo quando videro passare dinnanzi all'aia, portate dal vento, le foglie arse del fasciname, uscirono all'aperto, ma ahimè! Ormai era troppo tardi!
B.